martedì 31 agosto 2010

The time of my life



 Incredibile. Semplicemente incredibile.
Sono in un sogno ma per quanti pizzicotti mi possa fare continuo a non svegliarmi.

Non saprei da dove partire...vorrei raccontarvi di tutte le migliaia di nuove cose che sto scoprendo, vedendo, vivendo in prima persona ma è un'impresa disperata.
Sono felice, mi sento limpido.
Non è l'euforia pazza di un viaggio in vacanza coi tuoi migliori amici.
E' una felicità serena, tranquilla che si sta sviluppando in un equilibrio etereo.
Non vivo l'ansia di consumo della felicità, è come fosse sempre il sabato del villaggio.
E' un piacere che riesci ad apprezzare e vivere a fondo proprio perchè sai che qui tutto è per te, sei in una rete armonica, e non c'è fretta.

Tra qualche mese, anche settimana, probabilmente pubblicherò un post di grande depressione: molti mettono in guardia dall'euforia iniziale.
Ma questi sono stati semplicemente i giorni più belli della mia vita, qualunque cosa debba succedere in futuro.


Vi abbraccio



martedì 24 agosto 2010

On the road to Umeå



Tema in classe
“Racconta cosa vedi dalla tua finestra”
Verde verde verde verde 
                                               Lago
Verde verde verde verde
                                               Casetta di legno
Azzurro e nuvole
Sono seduto sul bus per Umeå da 5 ore esatte e il paesaggio continua a scivolarmi affianco monotono e tranquillo.
L’impazienza che ho di conoscere la mia nuova casa è placata da tutta questa calma.
Una vecchietta parlotta in svedese con una studente. Un punk con doppio piercing alle narici, maglietta rosa con scheletro disegnato e cresta rosa shocking sbiadita se la dorme in un sacco a pelo occupando due posti. Davanti a me siede una bionda semitinta svedese dai lineamenti delicati. Bellissima, come tutte qui. Il ragazzo affianco siede indifferente, lettore mp3 nelle orecchie, si guarda attorno ogni tanto; passa il tempo senza fare nulla di particolare. Il tizio affianco a me mangia frutta secca e leggiucchia qualche pagina del suo libro. Intanto ripenso a questi quattro giorni in Uppsala. Non saprei definirli in una parola e nemmeno in 5 o 6. Mi sono trovato ogni sera a pensare come tutto quello attorno a me fosse incredibile. Fatta eccezione di Lucio, a cui ho invaso la casa per questi giorni, tutte le persone attorno a me erano appena piombate nella mia vita dal nulla eppure io ci stavo benissimo, ci ridevo tantissimo; ero tutt’altro che solo e lontano di 2000 km da casa.
Prendete Mus per esempio (in realtà si chiama Moncef. E’ di Marsiglia, il suo soprannome è un’abbreviazione di “marinaio” in francese). Mus è un personaggio incredibile. E’ un tipetto basso, pelle un po’ scura, capelli corti, ricci e nerissimi, un sorriso sempre pronto a comparire su quella faccetta. Te lo ritrovi accanto a cena (un piatto di pasta sugo e tonno messo su abilmente da Mattia, il genovese, imitatore nato, riesce a farti ridere con nient’altro che una pallina rossa) e un minuto dopo, tirata su l’ultima forchettata feroce, sei in camera sua a provare la sua Strato anni ’60 (“Yeah, I know…it’s made in Mexico, but it’s custom shop! C’est super!”), attaccata alla buona al minicomputer che si è portato e gli fai sentire una canzone della tua band suonando la tua parte sulla base che fai partire dal myspace. Voglio dire, sono sensazioni fuori dalla norma!
Poi raccogli le forze,  e cerchi di convincere la tavolata poliglotta ad uscire. A destra siedono francesi, un tedesco e olandesi, a sinistra americane, un’altra-che-forse-viene-dall’Iran, un ungherese che senza spiccicare parola ti fa morire dal ridere (capace di bersi un non ancora meglio identificato thè al riso che sa di popcorn tritato, per cui si è passato irrimediabilmente la nottata sul water), e poi italiani sparsi a prezzemolo, che non sono tanti ma sono sempre insieme e fanno casino per mille.
Per non parlare dei personaggi incredibili.
Un americano, muto come una tomba, che trascinato da non si sa quale spinta forzata di socievolezza siede al nostro tavolo guardando fisso il quadretto di campagna colorato appeso alla parete. Se interpellato risponde, ma altrimenti non fa assolutamente nulla. A parte sbattere le palpebre e soffocare qualche risata che proprio non si può nascondere.
Una tizia (anche lei americana, mi han detto che molti americani qua arrivano e restano scioccati per il cambiamento culturale. Questi sembravano più pazzi che scioccati, comunque) coi capelli verdi. “But when I say green, I mean G-R-E-E-N”, come specifica Julie ogni volta che parla di lei. Sostanzialmente una Mirtilla Malcontenta coi capelli verdissimi.
In sottofondo si sente ogni tanto quell’altra-che-forse-viene-dall’Iran che ha un cerotto sulla tempia (che la nostra fantasia trasfigura nelle cicatrici del mostro di Frankenstein) e parla con una vocina flebile e inquietante. Quando sta zitta fissa il vuoto con gli occhi impallati come stesse captando segnali satanici dall’etere. Preferisco non fissarla troppo a lungo negli occhi.
Più scrivo e più mi rendo conto di quanto sia impossibile raccontare tutte le cose che sono successe in questi 4 giorni.
Ho visitato gli Ångstrom Laboratories, un posto pazzesco. Il sogno di qualunque studente di Fisica. Stanno nel campus scientifico e sono semplicemente un posto che non potevo immaginare potesse esistere. Forse non se ne parla in giro perché dopo averli visti e vissuti nessuno studierebbe più in Italia. Una serie di Hus (1,2,3,4,…) elegantemente connesse tra loro che pullulano di civiltà. Uno studente qui può accedere in qualunque ora del giorno e della notte, ogni giorno della settimana. Ci sono vetrate enormi che catturano la luce e rendono questo paradiso pulitissimo, luminosissimo e trasparente. Sale studio per gruppi di 4-5 studenti che abbiano un progetto su cui lavorare insieme, completamente insonorizzate, con lavagne e lavagnette, tavolone centrale, sedie Comode. Niente di più che strumenti di studio, ma tutti ben concepiti per comodità, efficienza nel rispetto dello studente. Lucio mi dice che qua, nel periodo di crisi europea, hanno alzato i fondi per le Universiteit. E si vede. Vi dico, qualunque studente minimamente appassionato a ciò che studia vorrebbe passare tutte le sue giornate qui. Ci sono le cucine per gli studenti, ovviamente. Divani comodissimi per rilassarsi. Biblioteca, grande, perfettamente organizzata. Rivelatori di particelle esposti nei corridoi. Opere d’arte per rendere il luogo sereno e creativo. Le aule sono spaziose, funzionali, nuove.
Il paragone con il mio paese non sussite, punto e basta. Per citare Stefano, ex-erasmus, “è come aver fatto la fame tutta la vita e poi all’improvviso potersi rifocillare di qualunque prelibatezza” (anche se lui l’ha detto parlando delle ragazze svedesi..).
(Il paesaggio in questo momento è incredibile: una super combo di verde, casetta, lago, azzurro, nuvole.)
E poi in questi 4 giorni c’è stata anche Stoccolma. Ospitati da un tipo come Henrik, non potevamo non aspettarci cose incredibili. Scende alle 17:50 da un pullman privato in Karlplan, in ritardo ma non per colpa sua, di ritorno da una festa privata in un castello su un’isola dell’arcipelago di Stoccolma. Con lui scendono vari svedesi elegantissimi ma scialati. Gli presento Lucio, preoccupato per l’inglese ma Henrik sa subito come rompere il ghiaccio: “Oh, don’t worry. It’s good. You understand this word ‘g-o-o-d’, don’t you? Well, that’s ‘good’!” (che scritta così non so neanche se si capisce, comunque io mi sono sganasciato). Ci porta un attimo al supermercato, compra 6 birre (“No,no,no, Marco! Three beers are not enough! You are my guests!”) e un pacchetto di cashews che divoro a casa mentre facciamo una mezz’oretta di chiacchiere. Al chè chiama un taxi, lo prendiamo e in 5 minuti attraversiamo Stoccolma lungo il porto. Scendiamo davanti al Riksdag che sono le 20 abbondanti e si entra in scena. Ovviamente non siamo lì per vedere il Riksdag come dei turisti, Henrik prende il suo pass e entriamo dall’entrata secondaria. Tutto con codici e carta, vetrate scorrevoli con le 3 Kronor, simbolo della città, che si aprono davanti a noi, mi sento in un film. Non c’è nessuno dentro, no receptionist, nobody at all. Il Parlamento del terzo Paese migliore del mondo è solo per noi. (Sensazioni incredibili, vorrei avere un RaccogliPensieri). Scendiamo al primo piano sottoterra, ci cambiamo, prendendo un asciugamano del Parlamento dal ripiano di legno, doccia e via nella sauna svedese. Di legno, grande, Henrik ci spiega che quella della sauna è proprio una tradizione per gli svedesi (“It’s like for you having a cappuccino”) e la peculiarità è che in essa, senza più i vestiti, si è tutti uguali, dal sottosegretario al Primo Ministro. Siamo fortunati, anche la piscina è aperta, così accendiamo le luci ed entriamo (dopo una doccia). Sicuramente esistono piscine molto, ma molto più lussuriose di quella, ma per me è sembrata la piscina più bella del mondo. Vasca rotonda, fontana centrale, illuminata sott’acqua, mosaici molto semplici alle pareti. Una entrata per le Damer e una per gli Herr. Nuotiamo lì dentro chiacchierando e scherzando e tutto mi sembra incredibile. Facciamo più giri di doccia-sauna-doccia-piscina e alla fine vorrei non andarmene più. Ho provato a stamparmi in mente la sensazione di quegli ultimi minuti e spero che non svanisca troppo presto. Mi sono appeso con le mani alla fontana centrale, l’acqua mi arrivava alle spalle, il getto mi scendeva in testa e coi piedi che non toccavano il fondo e la forza di Archimede che toglieva peso mi sentivo in armonia con tutto.
Poi usciamo, ci rivestiamo (prendo stavolta dal ripiano un tappetino bianco) e all’uscita dal Parlamento mi sento benissimo. Si sono fatte le 21 passate, l’aria di Stoccolma è calda ma tira un venticello piacevolissimo, tutta la città è illuminata, a sinistra ho la torre dei premi Nobel, un po’ azzurina, a destra il canale.
Sono rinato.

sabato 14 agosto 2010

Nella terra di grigio e rosa

Umeå si scrive rosa, come tutte le parole che si scrivono con la "a" finale.
Umeå (leggi 'Ume-ooo') si dice grigia, come tutte le parole che si dicono con la "o" finale.


Life's too short to be sad, wishing things you'll never have
You're better off not dreaming of the things to come
Dreams are always ending far too soon
Sounds of a distant melody, once played, lost from memory
Funny how it's clearer now, you're close to me
We'll be together all the time


da "Caravan - Winter wine" (Album: "In the Land of Grey and Pink")





- 5,

M.P.

lunedì 2 agosto 2010

Fondamenti utopici del mio castello volante



Stato mentale: spuma marina dondolante avanti e indietro sulla riva. Pietre levigate sul fondo.

Partire significa salutare, per qualche mese, per un anno, perchissáquanto...

Serve anche a questo cambiare cittá: vedere che ció che abbiamo intorno non é scontato. Perdere per poi ritrovare se lo vorremo davvero.

Alcune delle persone piú importanti della nostra vita sono capitate sul nostro sentiero per caso, passeggiando sul Monte della Consapevolezza in cui passiamo tutta la nostra vita. Perderle una volta ci dá la possibilitá di sceglierle davvero una volta per tutte.

Questa é la grande potenza del partire: ricominciare da zero. Non é facile, bisogna sconfiggere automatismi comportamentali che nel tempo si sono ben strutturati peró l'occasione é troppo ghiotta per farsela sfuggire!

Per questo io mi sono riproposto di ricostruire le fondamenta utopiche del mio castello volante.

Grandi pensatori hanno concepito modelli utopici per piccole cittá, io voglio invece fare qualcosa di diverso: sfruttare la forza di una piccola cittá esotica per cambiare me solamente cercando di avvicinarmi ai miei ideali di vita. Perché, come si dice, tra il dire e il fare...

Temo come un mostro a tre teste di subire l'offuscamento di pensieri anche a Umeå ma sono rincuorato dalla natura stessa del mio obiettivo: voglio imparare a godermi la vita, rilassarmi e imparare a staccare, al momento giusto, il cervello. Ribilanciare insomma il mio lato razionale.

Sono gli ultimi giorni. Vedremo che succede, é impossibile prevederlo..

(che bello!)

Location : Autostrada dei Fiori, 18039 Ventimiglia IM,

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